COLOM NUOVO PRESIDENTE

08 novembre 2007

Dunque, il Guatemala ha un nuovo presidente. Alvaro Colòm, 56 anni, del partito UNE (Uniòn Nacional de la Esperanza), di tendenza socialdemocratica, ha vinto il ballottaggio, superando il suo rivale di stampo conservatore Otto Perez Molina.
Il successo è stato chiaro, ma non di larga misura. Infatti Colòm ha ottenuto il 52 per cento dei voti, contro il 48 per cento del suo avversario. Va detto fra l’altro che il candidato Otto Perez Molina ha invece quasi stravinto nella capitale, probabilmente perché la sua campagna elettorale basata sulla “mano dura” nella politica sulla sicurezza ha fatto presa nell’area dove maggiormente si sente la paura della delinquenza e del clima di violenza.
Viceversa, Colòm ha trionfato nelle aree rurali, ed è la prima volta che un presidente viene eletto con il voto decisivo delle zone “campesinas”. La sua visione riformista ha fatto breccia nel mondo della provincia contadina, ansiosa di riforme e di sviluppo.
In complesso l’astensionismo è stato elevato, e più della metà (52 per cento) degli aventi diritto non ha votato. Ma forse poteva andare anche peggio.
Le prime prese di posizione del nuovo presidente per molti versi sono interessanti, e lasciano sperare in un cammino che vada incontro ai poveri e alle loro necessità.
Colòm stesso ha sottolineato il dato dell’importanza del voto nelle aree rurali ed ha definito questo fatto “un chiaro messaggio per il cambiamento”.
Fra i primissimi atti, ha subito convocato il Consiglio Nazionale degli Anziani Maya, affermando la sua volontà di perseguire l’obiettivo dell’ “armonia etnica” e promettendo la soppressione totale della discriminazione nei confronti degli indigeni.
Riafferma naturalmente la volontà di mantenere buoni i rapporti con gli Stati Uniti, che considera fondamentali,e di mantenere in piedi il Trattato di Libero Commercio, molto duramente contestato nei quattro anni passati da molte realtà della società civile.
Ma dichiara anche di voler ottenere dagli Stati Uniti degli accordi per una nuova politica dell’emigrazione.
E proprio fra le associazioni dei migranti si sono manifestati ottimismo e concrete aspettative. Il loro principale coordinamento, la CONGUATE, ha espresso soddisfazione e ha ricordato che Colòm in campagna elettorale aveva promesso il suo appoggio, e la determinazione a fare dell’argomento uno dei principali temi di lavoro del governo. Soprattutto, la CONGUATE, chiede di varare programmi di sviluppo nelle zone dove più alta è la densità di emigrazione (San Marcos, Huhuetenango, Quetzaltenango e Quiché) e di costruire i meccanismi perché le rimesse degli espatriati si possano convertire in motori di sviluppo.
A parte la riaffermata, ancorché un po’ corretta, amicizia con gli Stati Uniti, in politica estera potrebbe aprirsi una stagione di nuovi rapporti con gli altri Paesi dell’America Latina.
Infatti, Colòm afferma di voler rafforzare le relazioni interlatinoamericane, di volersi coordinare di più e meglio sia con i vicini Messico e Salvador, sia con il Nicaragua, che da qualche tempo è nuovamente governato da un’amministrazione di sinistra, capeggiata dall’ex comandante rivoluzionario sandinista Daniel Ortega.
Ma potrebbe anche svilupparsi un nuovo rapporto con il Venezuela e con la “rivoluzione bolivariana” di Hugo Chavez.


Fino ad ora, ci risulta, non una parola sulle questioni ambientali.
Viceversa, da valutare con preoccupazione, una dichiarazione sulla pena di morte, che in Guatemala era stata sospesa da alcuni anni (in seguito ad un noto appello di Giovanni Paolo II).
Il nuovo presidente, pur dicendosi personalmente contrario alla pena capitale, afferma che questa “fa parte della legge guatemalteca, e come tale va rispettata”. Affermazione di difficile interpretazione. In ogni caso non vuol certo dire che la pena di morte vada abolita.
Numerosi condannati a morte, che forse pensavano di essersi ormai salvati, forse dovranno ricominciare a fare il conto alla rovescia.

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