NON E' UNANIME L' APPOGGIO LATINO AMERICANO AL PIANO LIBERISTA DEGLI STATI UNITI

06 novembre 2005

6 novembre - Si è tenuto nei giorni scorsi a Buenos Aires "la cumbre" (il vertice) dei Paesi latinoamericani per affronatre i problemi commerciali del Continente. Numerose manifestazioni del mondo del lavoro, dei movimenti ambientalisti e pacifisti, delle comunità e associazioni indigene hanno accompagnato l'evento e dato vita ad un vero e proprio controivertice.
Le fonti d'informazione di casa nostra, ben lontane dal degnarsi di dedicare uno spazio adeguato ai contenuti delle cose di cui si parlava, hanno ritenuto degno di attenzione solo il fatto che fra i manifestanti ci fosse Maradona.
Ma la cosa più importante, e non scontata, invece, è stata che il consenso unanime alle proposte statunitensi non c'è stato: accanto all'opposizione, ampiamente prevista, di Venezuela e Brasile, anche Uruguay, Paraguay e Argentina hanno deciso di non sottoscrivere il documento finale. Così il trattato ALCA (Area de Libre Comercio de las Americas) andrà avanti, ma con qualche spina nel fianco.
In molti ambienti latinoamericani, infatti, vi è un forte timore che tale trattato inevitabilmente porti a favorire le economie forti e punire soprattutto le (importantissime) "microeconomie", che costituiscono vere fonti di sopravvivenza per milioni di poveri, indios, abitanti delle zone rurali. In particolare, in campo agricolo, si teme che la libera esportazione dei superprotetti e superfinanziati prodotti dell'economia nordamericana, possa mettere in ginocchio la competitività delle produzioni e del lavoro locali. Il Guatemala, allineato sulle posizioni filostatunitensi, ha di recente firmato con gli USA l'accordo denominato TLC (Tratado de Libre Comercio), la qual cosa ha creato una forte tensione sociale nel Paese, anche perchè le manifestazioni di opposizione al trattato sono state represse con violenza dal governo Berger, nonostante avessero coinvolto un ampio fronte che andava dai sindacati a vasti settori della Chiesa, dalle associazioni campesine e indigene ai piccoli imprenditori, ai movimenti ambientalisti e a quelli per i diritti umani.
A Buenos Aires, ovviamente, la recente adesione al TLC ha "ammanettato" la rappresentanza guatemalteca alla firma dell' ALCA. Unico punto, pare, su cui il Guatemala ha fatto sentire la sua voce è stato la difesa dei diritti degli emigranti guatemaltechi negli Stati Uniti, ottenendo da Bush un generico impegno a "prendere in considerazione" la questione.
Certo, la recente drammatica alluvione e le sue conseguenze, non facilitano la ripresa di un dibattito "sereno" sulle questioni economiche, e probabilmente, anzi, spingono gran parte delle istituzioni guatemalteche ad accettare qualsiasi intervento dall'esterno che possa portare capitali nel Paese. Il problema, sottolineato nei giorni passati da numerose personalità e dalle associazioni indigene in particolare, è che l'afflusso di denaro "pur che sia" rischia di non rispettare alcun criterio di "sviluppo compatibile", e penalizzare pesantemente tutta l'economia tradizionale e familiare che, oltre a rappresentare il pane quotidiano per milioni di persone, costituisce uno degli elementi fondamentali per l'identità delle comunità indigene.

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