VIOLENZA E MALATTIE, OLTRE LA CATASTROFE DELL' ALLUVIONE

22 ottobre 2005

18 - 21 ottobre La situazione stenta a ritornare a una parvenza di normalità in Guatemala. Troppo profonde sono le ferite nel tessuto sociale, negli stati d'animo, nella vita quotidiana delle famiglie, nell'economia. 140.266 sono i senza tetto (stime ufficiali), settemila i bambini colpiti, o per essere rimasti vittime essi stessi, o per ritrovarsi ora orfani, o per aver perduto la casa. Accuse di politicizzazione degli aiuti, e comunque di un notevole caos nella gestione dei soccorsi, si stanno levando da più parti.
L'economista Gert Rosenthal, vicino agli ambienti governativi, e membro dei gruppi di lavoro che devono organizzare la ricostruzione (persona, quindi, non sospetta di voler strumentalizzare le disgrazie per screditare il Presidente e il suo governo) lancia l'allarme sul fatto che ben oltre la catastrofe economica, si deve porre attenzione alla catastrofe umana, giacchè la maggior parte delle persone colpite ha perso tutto, spesso gli affetti più cari, ancora più spesso i mezzi di sussistenza. Rosenthal invita a riflettere sul fatto che il Guatemala sta pagando il prezzo di politiche ambientali inesistenti o suicide, soprattutto, di non aver riforestato adeguatamente le aree stoltamente disboscate in anni e anni di sfruttamento del territorio, e conclude amaramente: "Diciamo sempre che si devono adottare misure preventive, e non lo facciamo mai...".
Una testimonianza angosciosa ci viene da una psicologa dell'aorganizzazione Medici Senza Frontiere, che lavora a Sololà: il villaggio di Panabaj, fino a pochissimo tempo fa pittoresca aldea di indios Tzu'thuil, è trasformata in un'enorme distesa di fango secco dalla quale spuntano rami, travi e lamiere. Nessuno sa quante persone possano essere rimaste sepolte sotto quella terribile valanga di fango e lava, sulla quale le autorità hanno fatto spargere calce viva, anche perchè non si sa con precisione quanti abitanti avesse il paesino prima della tragedia. I superstiti sono fuggiti nei centri vicini, soprattutto a Santiago Atitlàn, dove le chiese sono diventate dormitori di centinaia di sfollati.
Ma le notizie sui danni dell'alluvione rischiano di farci dimenticare i problemi drammaticamente cronici presistenti al disastro, e che - se mai - da questo traggono motivo di aggravamento.
Il New York Times del 21 ottobre riporta un documentato articolo dove si parla del problema della violenza sulle donne.Ogni giorno giovani donne scompaiono nel nulla, e solitamente vengono poi ritrovati i loro corpi martoriati e sfregiati. E' un fenomeno di proporzioni enormi, su cui si accentra l'attenzione di organizzazioni della società civile, ma si manifesta una sostanziale indifferenza delle forze di polizia, le quali, quando non si astengono completamente dall'investigare sui fatti, allargano le braccia e liquidano gli episodi dicendo che probabilmente si trattava di prostitute o di componenti di bande giovanili. Almeno mille donne sono state assassinate in cinque anni (ben 590 solo nell'ultimo anno !) , e solo tre assassini sono in prigione.
Alcuni corpi ritrovati avevano addosso scritte come "muerte a las perras, morte alle cagne".
Probabilmente questo orrore trova terreno fertile in un Paese, dove la legislazione in materia di violenza sulle donne è a dir poco deficitaria: basti pensare che un violentatore estingue il suo reato se sposa la vittima.
Anche nel campo della salute enormi problemi, ben preesistenti all'uragano Stan, minano il futuro del Guatemala. Proiezioni eseguite da organismi internazionali stimano che l'infezione HIV, il virus del' AIDS, andrà crescendo velocemente nei prossimi anni, con una media di 12.000 nuovi contagi l'anno, e fra soli quattro anni, nel 2.010 vi saranno centoundicimila guatemaltechi ifettati. Nel 1995 vi erano in Guatemala 680 bambini orfani a causa dell'AIDS, nel 2.010 vene saranno 44.000 !
E come se non bastasse, il crescere dell'ifezione HIV porta con sè una parallela ripresa della tubercolosi, malattia mai eradicata in Guatemala, ma che ora sta ritornando ai livelli di un passato lontano, che si sperava superato.

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